Grazie a Marco Zuccaro per averci autorizzato a rilanciare sui nostri canali questo suo interessante intervento pubblicato sulla sua pagina Facebook.
Il "95% di efficacia" del vaccino Pfizer non sta a significare che tu abbia il 95% di possibilità in meno di contrarre il covid, o che tu possa, come dire, "sentirti più protetto grazie a una copertura superiore del 95%" rispetto al tuo precedente status di non vaccinato.
Quello che a te - come a tutti - interessa è sapere "quanto vantaggio", "quanto scudo" ti dia il vaccino al fine di proteggerti dal covid. E la risposta a questo quesito è: lo 0,879% (anche se taluni medici parlano di un dato appena inferiore - 0,84%). Ciò significa che, senza vaccino, tu hai una probabilità di contrarre il covid più alta dello 0,879% rispetto a un individuo vaccinato con Pfizer: nulla di più, nulla di meno.
Questo è il dato reale - perlomeno stando agli studi presentati da Pfizer - che devi conoscere prima di decidere se affrontare i rischi legati alla somministrazione di un farmaco che è stato sviluppato fin troppo in fretta ed è stato dato in pasto alle masse con ancor più rapidità.
È la riduzione assoluta del rischio, ed è stata calcolata così: si è preso un campione di vaccinati, si è preso un campione di non vaccinati, si è visto a distanza di tempo chi ha sviluppato i sintomi del covid (Pfizer ha mancato, nel mentre, di tracciare gli asintomatici seguendo più da vicino, con regolari tamponi, i soggetti coinvolti) e si è calcolata la percentuale sul totale del campione; dopodiché si è fatta una differenza tra le percentuali riscontrate, ottenendo così la riduzione assoluta del rischio.
Ad esempio (è uno scenario fittizio per il quale pongo valori a caso):
- dati 100 soggetti non vaccinati, di cui 3 contraggono il covid (3/100= 3% di rischio) - dati 100 soggetti vaccinati, di cui 1 contrae il covid (1/100= 1% di rischio)
La differenza tra il primo rischio e il secondo rischio è 3-1=2%. Dunque vaccinarsi in questo esempio fittizio riduce in assoluto le possibilità di contrarre il covid del 2%.
Allora tu mi chiederai: cosa significa quel famigerato "95%"? Il 95% di cui parla Pfizer indica - presta attenzione - di quanto si riduce il rischio relativo ai non vaccinati.
Nell'esempio che ho fatto poco sopra, i non vaccinati avevano il 3% di rischio, mentre i vaccinati avevano l'1% di rischio. Ciò significa che tra non vaccinati e vaccinati, in relativo, si è passati dal 3% all'1%, o anche: il 3% "è diventato" 1%. E per far sì che il 3 diventi 1, è facile vederlo, bisogna dividerlo per 3: dunque in questo caso la riduzione relativa del rischio è stata del 66%. Sessantasei: vedi come suona molto meglio? Eppure giusto alcune righe poc'anzi avevo parlato - sempre con riferimento al mio esempio fittizio - di una riduzione assoluta del rischio del 2%. Adesso quel 2% è divenuto di colpo 66%. Ha senso considerare quest'ultimo dato, o solo quest'ultimo dato, per prendere una decisione che riguarda la tua vita, la tua salute? No, non lo ha, non c'è da discuterne. Perlomeno si dovrebbe conoscere entrambe le facce della medaglia. Aggiungo, semmai: per la superficialità degli studi condotti da Pfizer, in verità, non possiamo essere certi neppure di quel 95% quale indicatore della riduzione relativa. Invero, non possiamo essere certi di nulla.
Tu però vuoi delle indicazioni, vuoi sapere, nel tuo rapporto rischi/benefici, quanto "ti convenga" andare incontro ai possibili effetti collaterali connessi a un farmaco sperimentale; insomma, vuoi sapere se ne valga la pena. Allora valuta i dati corretti.
Il dato fornito da Pfizer, la riduzione assoluta del rischio con Pfizer, è - come detto - circa lo 0,8%. Puoi figurarti una scena di questo tipo:
Pfizer ci ha detto che
- su 1000 individui non vaccinati, 9.3 hanno contratto il covid; - su 1000 individui vaccinati con Pfizer, 0.5 hanno contratto il covid.
Pfizer non ci ha detto quanti individui si siano contagiati in maniera asintomatica. Come vedi, non fare il vaccino non significa che tu abbia il 95% di probabilità in più di contrarre il covid (difatti hai lo 0,8% in più). La differenza tra 0.5 e 9.3 può sembrarti tanta, e in effetti questa è la tua percezione del "95%"; ma devi pur tener conto che stai ragionando su due campioni da 1.000, ovvero che non si può mai astrarre dal numero 1.000; e rapportata su 1.000, la differenza - reale - è dello 0,8%. Dire "95%", senza osservare il quadro completo, non significa nulla. Così stanno le cose.
In verità, anche a voler sorvolare sui limiti delle statistiche ottenute dalle case farmaceutiche, si può asserire che il calcolo matematico ci dica buona parte, ma non tutto: molto dipende da cosa ti dica il tuo istinto di sopravvivenza, e se esso ti spinga a temere più il covid che il vaccino. Io, per conto mio, più proseguo con le mie ricerche - chiaramente documentandomi solo presso fonti credibili; più scoperte compio circa possibili alternative (vedi l'ivermectina); più informazioni raccolgo sulla composizione e sul funzionamento dei vaccini anti-covid nonché sugli effetti avversi potenzialmente (o effettivamente) ad essi correlati; più osservo la letalità del covid presso soggetti sani della mia stessa età; più rifletto sui punti meno chiari e le contraddizioni che ho avuto la possibilità di visionare in tutta questa vicenda, e più mi convinco che fare questo cosiddetto "vaccino" sia una autentica follia.
Questa, d'altro canto, resta una valutazione strettamente personale, benché io abbia motivo di credere che già adesso si siano raccolti dati sufficienti per considerare come un fatto oggettivo che preferire il rischio del vaccino al rischio del covid sia, anche in uno scenario privo di ivermectina, del tutto irragionevole e privo di supporto scientifico perlomeno nella fascia di età che va da 0 a 40 anni. Perlomeno.
Lascio un link a un articolo de Il Corriere della Sera che ha parlato anch'esso di questi aspetti, di rischio relativo e rischio assoluto.
Marco Zuccaro (24 giugno 2021)