La maggior parte delle persone è abitudinaria. Quando vado a correre la mattina, abitualmente nel solito posto, incontro le stesse persone di sempre che fanno le stesse cose di sempre: chi corre, chi porta a spasso il cane, chi passeggia, chi pesca, chi raccoglie i rifiuti dagli scogli, chi entra a lavoro. Si crea una piccola comunità nella quale ci si conosce anche senza conoscersi, ci si saluta, si scambia una battuta, ognuno smette di essere solo perché si integra con gli altri e le loro attività.
La tesi è confermata nei giorni non dedicati agli abitudinari, quelli di sole tiepido fuori stagione, o della calca dei turisti. Persone che si muovono come formiche impazzite: camminano a sinistra invece che a destra, invadono gli spazi riservati ad altro, sono sole anche in mezzo alla folla perché non pensano neanche per un istante a come le loro attività si mischino a quelle degli altri. Si ignorano e si infastidiscono a vicenda.
Negli spazi che le nostre vite, e le nostre città, dedicano ancora a queste micro-comunità si conserva quella che Roger Scruton ha chiamato oikophilia. La cura della propria casa intesa come cura della propria comunità, azione molto più efficace sotto tutti i punti di vista rispetto alle grandi campagne mediatiche, alle raccolte fondi, alle influenze più varie. Si fa molto di più per l'ambiente sentendo proprio il nostro quartiere, si fa molto di più per il rispetto degli altri incrociandoli ogni mattina, si rende ogni luogo più sicuro frequentandolo come rete e non come individui.
Chiaramente tutto questo non è compatibile con il mondo dello smart working, degli acquisti on line, della DAD, delle app di incontri, del cibo da asporto acquistato col telefonetto, dei tapis roulant, degli ipermercati, del turismo di massa. La realtà mediatica però si costruisce sopra quella fisica e fa credere che tutto si risolva a colpi di sensibilizzazioni o che il rispetto dell'ambiente sia compatibile con i centri commerciali aperti 24/7. Piccole iniziative individuali vengono rappresentate come risolutive: spegni la luce per la campagna "mi illumino di meno" che così siamo sulla buona strada.
Il mondo ha però preso questa strada da diverso tempo, e tutto ciò che è tecnologicamente possibile diventa eticamente positivo, la scrollata di spalle è la risposta più comunemente accettata, lo sradicamento è presentato come una condizione auspicabile. Più che dire, fare e pensare, si dice, si fa e si pensa più che in qualsiasi altra epoca di omologazione. Si presentano allora due alternative. La prima è quella di provare a sviluppare un movimento di coscienze che ruoti intorno all'oikophilia e che rimetta la comunità al centro del processo decisionale. Una strada che porta verosimilmente al massacro, data la disparità delle forze. La seconda è "l'opzione Benedetto": ritagliarsi spazi di comunità in cui questa esperienza di vita è possibile, cioè nicchie dentro la società ma separate dai suoi costumi più omologanti. Una sorta di partenza da sconfitti, ma che può servire a lasciar passare la tempesta.
Maurizio Cocco (17 agosto 2021)
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