top of page


Proviamo a unire i puntini. Prima dell'hybris dell'eradicazione del virus (e possibilmente della morte) e dell'ascesa dei televirologi, le persone più autorevoli in materia hanno sostenuto che questo tipo di virus sarebbe mutato fino a trovare un equilibrio con i suoi ospiti. La pandemia del Covid19 come tutte le pandemie di questa tipologia (già, non è un evento mai accaduto, e neppure così raro) si sarebbe esaurita, ma il virus sarebbe rimasto con noi per lunghissimo tempo. Qualcuno sottolineava anche che il virus responsabile della spagnola è oggi fra i comuni ceppi influenzali. La nostra preoccupazione doveva essere alleggerire il carico sugli ospedali.


Poi è iniziato il delirio, mosso ogni volta da una diversa novità. Fra queste, la minaccia delle varianti, presentate come l'evoluzione di un Pokémon più che una questione naturale: il virus ha lo scopo di ucciderci tutti e muta per fregarci. Però intanto la variante inglese fagocitava il virus cinese (mostrando, tranne all'apparato mediatico, che le restrizioni erano completamente inutili nell'evitare che ciò accadesse), ma a sua volta viene scalzata da quella indiana, destinata a diventare a sua volta dominante, sempre in barba ai nostri generali convinti di fare la guerra a un essere (?) microscopico.

Allo stato attuale, però, la temuta variante indiana appare come una comune influenza. Nonostante sia già cominciata la creazione di un discorso emergenziale nel quale esistono degli irresponsabili creatori di varianti, il nostro CTS, per bocca di Abrignani, guarda con fiducia ai dati inglesi. La situazione può ancora cambiare, ma se la variante indiana causa come suo sintomo più preoccupante la faringite invece che la polmonite, torniamo al discorso iniziale: l'equilibrio è stato raggiunto, un nuovo virus influenzale si è unito a quelli già in circolazione, l'emergenza sanitaria è conclusa. Per fare ciò è però necessario tornare ai criteri prepandemici. I morti sono già pochissimi, ma finché li si conta con i criteri inglesi, cioè positivi al virus entro 28 giorni precedenti il decesso, il dramma non avrà mai fine. Come vanno perciò contati i morti per comprendere l'impatto attuale del virus? Come sempre si è fatto: un medico che accerta la causa del decesso e, a posteriori, gli istituti di statistica che valutano l'impatto sulla mortalità generale.

L'uscita però, per così dire, "naturale" dalla pandemia è un'avversaria del potere politico e mediatico che ha invece indirizzato il discorso sulla sua, e nostra, capacità di controllare le cose. Bisogna uscire dall'emergenza non grazie alla biologia, ma grazie a Mario Draghi. Ci sono inoltre meccanismi che, implementati in via emergenziale, si ha interesse a rendere permanenti, personaggi che, emersi in via emergenziale, sperano di rimanere in auge e, infine, milioni di persone colpite da stress post traumatico. Queste sono le uniche ragioni per cui la crisi continuerà a protrarsi ed è verosimile ipotizzare che finirà solo quando il meno legittimato Parlamento della storia repubblicana eleverà Draghi al Quirinale. Dell'emergenza, a quel punto, non avrà più bisogno nessuno.

Un grande abbraccio va riservato però a chiunque, in buona fede, ha davvero creduto che questioni di tale entità venissero davvero gestite sul piano tecnico-sanitario e non politico.

Maurizio Cocco (29 giugno 2021)

bottom of page