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In Lombardia oltre 18.000 persone sono risultate positive al Covid nonostante siano state vaccinate (di queste, 5.000 avevano già ricevuto la seconda dose). Nel Regno Unito, la "variante Delta" ha contagiato anche i vaccinati, facendo calare di oltre 10 punti percentuale l'efficacia del vaccino. Contemporaneamente cambiano anche i sintomi di chi, oltre la positività, sviluppa anche la patologia: mal di testa, mal di gola, naso che cola. Per ora siamo al livello del "la nuova variante preoccupa gli esperti", fra qualche mese saremo al livello del "la variante Delta è quella dominante", come già accaduto nel recente passato. Si consideri che moltissimi Paesi continuano ad applicare restrizioni in ingresso, controlli, quarantene, isolamenti: eppure il virus continua bellamente a ignorarle. Ci siamo dimenticati (ma l'attenzione media di un telespettatore è molto bassa) che l'ondata di restrizioni autunnali serviva proprio a bloccare la diffusione della variante inglese. Missione fallita.


Se provate a cercare su Google i dati sui contagi nelle persone vaccinate troverete i trionfalistici articoli di aprile/maggio, sul tema del "i vaccinati non si contagiano" e addirittura quelli in cui "basta una sola dose" (che poi è stata la scelta, tutta politica, del governo inglese fino ad avantieri). I media sono produttori di notizie, possono perciò dare con certezza una notizia ad aprile e con altrettanta certezza il suo opposto a maggio. Quello che importa, però, è che questo aumento di contagi (nel Regno Unito) e questi contagi fra i vaccinati (anche da noi, pur senza aumento), non stanno causando problemi a livello ospedaliero. A me, ora, non interessa né il perché né il come, ma questo è quello che accade: ognuno ne cerchi la ragione. Sempre però in tema di soglia dell'attenzione, le misure restrittive sono state giustificate sulla base della necessità di appiattire la curva: dobbiamo evitare che il virus circoli con questa velocità perché altrimenti il sistema sanitario andrà al collasso.

Qualcuno se l'è dimenticato? Tutti, a quanto pare, sicuramente chi ci sgoverna. Perché il sistema sanitario non è più al collasso, ma le restrizioni permangono. Qui si può obiettare che in realtà l'aumento dei contagi è la spia dell'aumento dei malati gravi e dei morti. Insomma, continuiamo con le restrizioni, altrimenti i contagiati diventano troppi e riniziamo con la conta dei morti. Questo può valere per poco tempo, ma dopo varie settimane si dovrebbe avere un quadro molto più esaustivo e rendersi conto se, nell'attuale situazione (tanto dell'epidemia, tanto della vaccinazione), davvero questo è quanto sta accadendo, oppure se l'aumento dei contagi si riveli essere tutto sommato inoffensivo, un po' come quello dell'influenza stagionale, che infatti monitorano solo gli esperti e a tutto il reso del Paese non interessa per niente.


Più però si resterà nella pretesa di monitorare i contagi, più tardi si uscirà da questa situazione. Salvo non si pensi davvero di cancellare questo virus, con le sue varianti, dal Pianeta, l'unica cosa che davvero ci deve interessare è il suo impatto sul sistema sanitario o sul totale dei decessi che lo possa rendere socialmente accettabile. Noi accettiamo che lo Stato ci venda le sigarette perché consideriamo accettabile il costo in termini di vite che il fumo si porta dietro; non accetteremmo mai, invece, che lo Stato ci vendesse in tabacchino l'LSD.

I morti, comunque, virus o meno, riprenderanno a salire in autunno. Se voi guardate lo storico della mortalità di qualsiasi Stato del nostro emisfero, vedrete che la curva sale in autunno, raggiunge il massimo in inverno e poi comincia a crollare. Anno, dopo anno, dopo anno. Quello che cambia è l'altezza massima che quella curva raggiunge, ma il suo andamento è sempre lo stesso. Questo accade perché a livello individuale la gente muore anche a maggio (quando tornano le rose!), ma in comunità di milioni di persone le morti tendono a distribuirsi in una certa maniera, cioè a essere molte di più in inverno e le ragioni di questo sono abbastanza note, e non c'entra il fatto che di inverno ci si annoia di più e quindi, come si fa di solito in Galles, ci si suicida.


Ci troviamo però alle soglie di quello che potrebbe essere il terzo anno dell'era Covid. Perché senza la volontà politica di andare oltre, si resta fermi qua e in effetti l'intenzione del governo di prolungare ancora una volta lo stato d'emergenza lo conferma. Un'emergenza che dura due anni appare sempre meno un'emergenza, e sempre più la normalità. Questo però era ampiamente prevedibile nell'inverno del 2020: credere che davvero si possano prendere certe decisioni e che la loro durata sarà soltanto di due settimane significa vivere nel mondo delle fiabe. Quando le società vengono investite da provvedimenti di così grande portata, quando i diritti vengono sospesi, quando si usano i poteri eccezionali, si può essere certi che i loro effetti dureranno anni. Nelle società umane, niente di collettivo è di breve durata. Il mio punto di vista rimane il solito: un anno e mezzo fa è stato creato, sull'onda dell'emergenza, quell'humus politico e culturale che permette non soltanto l'esistenza di questa accozzaglia al governo, ma nella pratica l'imposizione di qualsiasi decisione politica senza contradditorio.

Lo scorso autunno, mentre si alzava impetuosa la seconda ondata, ci vennero imposte le mascherine come cinture di sicurezza. Su Facebook pullulavano gli ammonimenti dei medici al suono, cito testualmente, di "mettetevi quella cazzo di mascherina". Era chiaro quale fossa la ragione della seconda ondata: lo scarso utilizzo della mascherine, e quindi ci siamo mascherati tutti, abbiamo festeggiato il Carnevale in anticipo per salvare il Natale. Invece il virus ha continuato a muoversi e dopo la seconda è arrivata la terza ondata, nonostante fossimo ben mascherati e i medici avessero smesso di intimarci di mettere quella cazzo di mascherina. Sempre la solita soglia d'attenzione: chi se lo ricorda più a che servivano le mascherine?

La chiusa la dà sempre il ministro: che volete che sia tenerle ancora per un po'? Nel frattempo però in gran parte del mondo la vita è ricominciata, nella lontana America e nella molto più vicina Ungheria. Di "modello Italia" non parla più nessuno, viene però da chiedersi perché non si guarda ad altri modelli. Io ho pubblicato per settimane le immagini della NHL, con le sue arene piene, ma adesso la RAI ci mostra lo stadio ungherese pieno e gli stadi del resto d'Europa con tanta gente e quasi nessuna maschera. Qual è il problema, allora, caro ministro? Che è diventato un gioco massacrante quello di costringere le persone a modificare le loro vite e a cucirsi addosso abitudini il cui senso e i cui risultati continuano a sfuggirci.


Maurizio Cocco (17 giugno 2021)

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