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La messa in scena dei diritti


Non esiste un vero dibattito, ma solo la sua messa in scena. Così come esiste una messa in scena della politica, dei diritti e della democrazia: ormai tutte forme di una civiltà sfaldata e prossima alla sua definitiva estinzione. Ma a cosa serve questa messa in scena continua del tutto a uso e consumo domestico? Serve a non dire. O meglio, a censurare dicendo: poiché quando i media espongono, in realtà negano. Quando dicono, tacciono e quando rappresentano, astraggono.

È l’abc dell’intrinseco funzionamento dei media. Cose che Jean Baudrillard scriveva già nel lontano 1971 (Requiem per i media), ma che evidentemente, in molti, ancora ignorano: rimanendo così bruciati sotto i colpi di una finta luce emanata dalle pantomime dell’avanspettacolo progressista, regolarmente proiettate sugli schermi dell’utente medio, come nel caso Fedez.

Ci si lancia così in isteriche disamine ed inutili diatribe, la cui sola funzione è quella di polarizzare, dividere e sviare il discorso. Tutto il discorso. Così tutti entriamo nel cerchio, (anche in questo caso), poiché le circostanze lo impongono.

Tuttavia, l’attuale clima da catastrofe, imporrebbe una risoluzione rapida a problemi urgenti e improcrastinabili: ma la politica, dal momento che non esiste, (cioè dal momento che esiste solo la sua messa in scena), queste risposte non sa più come darle. Può solo simularle. Così come per simulare la sua esistenza, e dunque un potere che non ha più, mette in scena sé stessa attraverso lo scandalo e il gioco obsoleto delle contrapposizioni. Finge di essere in vita occupandosi dell’irrilevante, mentre sullo sfondo finestre di Overton si muovono in rapida progressione per abbatere i muri del vecchio in favore del “nuovo”.


Giancarlo Cutrona (2 maggio 2021)

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