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Quelle misure restrittive che servono al Capitale



Quando finiranno Green pass, quarantene, lockdown etc.? Considerato che anche nella narrazione ufficiale, come in realtà abbiamo sempre sostenuto noi complottisti, non tutto e non sempre derivava dal virus (ad esempio, i lockdown - ci è stato fatto capire - un po’ sono colpa dei no vax ma in ogni caso li rischiamo comunque per l’alto costo dell’energia, la virtualizzazione del reale... ok: state a casa per colpa dei no vax cattivi, ma in realtà indietro non si torna, è una necessità del sistema produttivo ed infatti il governo sta investendo miliardi nel potenziare questa trasformazione, mentre ne toglie alla sanità a riprova che la questione medica è soprattutto strumentale), per comprendere - sperare di farlo - “quando finiranno” bisogna almeno cercare di capire “perché sono partiti?”. O, se vogliamo semplificare, rispondere alla domanda: cui prodest?.


Il grandissimo capitale post produttivo, a prescindere da come sia nato il tutto (il covid è naturale/sintetico/l’influenza/peggio dell’ebola/non esiste: è indifferente), cioè quel pugno di attori che fisicamente controllano la rete come la conosciamo noi, ha il bisogno di vedere, tatticamente, quanta più realtà possibile online: perché da ogni movimento e in ogni istante, estrae valore. Nei fatti realizza quella tendenza alla “reificazione” che Marx individuava, cioè la tendenza a “valorizzare tutto”: e dopo aver valorizzato le ore di lavoro produttivo, poi le ore di “riposo codificato” (che Debord avrebbe chiamato “consumo”), ora rimane da valorizzare tutto il resto del tempo o addirittura, se si riesce a spostare l’intera società umana solo - o il più possibile - online, il Capitale può valorizzare “il tempo” tout court.


Quindi dal punto di vista del Capitale avanzato (ed essendo il capitale intrinsecamente dinamico e intrinsecamente rivoluzionario, come giustamente nota Marx, esiste solo il Capitale avanzato), il Capitale residuale, cioè di chi estrae valore da vecchi meccanismi produttivi, è solo un futuro escluso dal circuito produttivo (vedremo tra poco degli esempi). Il lockdown, la distanza, l’estensione del Q Code al movimento dell’individuo, il ricorso al consumo online, alla produzione de-territorializzata, al telelavoro etc. è semplicemente vantaggioso. Oggi più di domani, domani più di oggi.


Quindi, siccome il grande capitale ha vantaggio che questo processo continui, soprattutto in Occidente, il processo non si fermerà fino a che il ribaltamento tra reale e virtuale (citazione dal libro Stregoneria Politica eh) sarà non dico completata, ma in buona parte avvenuta, e la vita nella realtà-reale (cioè offline) sarà residuale (puoi giocare a pallone con tuo figlio in giardino? Mah, forse sì, ma poco altro).


In tutto questo il processo può fermarsi o interrompersi? Sì, se e quando tale processo diventa meno razionale per il capitale stesso, cosa che non credo capiterà a breve. Oppure, ad esempio, se i ceti mano mano marginalizzati da questa centralizzazione verso un virtuale che sarà in realtà un regno in mano a pochi privati e non un paradiso neutrale (tesi sempre del libro Stregoneria Politica, ma che ora, un anno dopo, andrebbe arricchita di ulteriori riflessioni alla luce degli accadimenti) si mobiliteranno, organizzeranno, genereranno abbastanza “potere” per orientare il processo in un’altra direzione.


Come affermava Ramiro Ledesma la colonna vertebrale dei movimenti rivoluzionari fascisti sono stati i ceti spaventati da una nuova realtà che stava arrivando (agitata dal “biennio rosso”, ma anche dalla opposta realtà normalizzatrice dei liberali, ugualmente dannosa per loro), i quali hanno spinto la storia in un’altra direzione rispetto a quella alla quale sembrava destinata. Tuttavia lo scenario è completamente differente: allora la società era estremamente politicizzata, molto meno socializzata e la prima guerra mondiale fu una fucina di coscienza per i lavoratori europei che dopo anni nelle trincee non vivevano di paura e non intendevano tornare al tram tram borghese e farsi bastare “la nuda esistenza”.


Oggi la società è molto più omogenea e imbevuta dei valori egemonici del capitale: basta guardare i rappresentanti di categorie produttive chiaramente destinate a morire, come gli albergatori, sostenere a gran forza le tesi degli aguzzini che li stanno affamando (“ah sì sì! mettete il green pass così tutto tornerà come prima!”) non capendo che stanno spingendo non per far tornare le lancette della storia all’indietro, ma per costruire le lame con le quali saranno fatti a pezzi.


Tutta la massa mano mano esterna al “centro” che sta decidendo e spingendo per la virtualizzazione del reale si sta assolutamente ingrossando e si ingrosserà ogni giorno venendo gradualmente arricchita da lavoratori, disoccupati, sottoproletari, studenti, ex capitalisti etc. Ma la bassa qualità delle informazioni di cui dispongono e la nulla capacità di metabolizzarle (mancando un partito politico rivoluzionario, ma anche delle élites dal lato degli esclusi in questo momento e, ovviamente, per difficoltà tecniche intrinseche) rendono i rapporti di forza totalmente a favore dei padroni del vapore che, magari sono tipo in 12 in tutto il mondo, ma sono dal lato giusto della Tecnica/Capitale.


In questo senso Marx sbagliava a credere che l’ingrossamento numerico delle file degli esclusi fosse ragione sufficiente per far collassare il sistema ovviamente, mentre maggiore ragione hanno i rivoluzionari successivi che introducono un elemento “attivo” a questa equazione, che tiri in ballo “le variabili soggettive” (come direbbero i leninisti) o la Volontà (come direbbero fascisti e anarchici con diverse sfumature).


In questo senso - ancora più vero - è totalmente assurda la frattura “destra/sinistra” se non per motivi simbolici, identitari, di riconoscimento: in definitiva impolitici e, in quanto impolitici, reazionari. Già maggiore senso avrebbe ad esempio la frattura Centro/periferia per quanto sia poco popolare perché ovviamente per pigrizia ci innamoriamo di quel che ha funzionato per 70 anni, non capendo che occorre innamorarsi di quel che occorre nei prossimi settant’anni, non negli scorsi.


Rimane forse una ulteriore “uscita”, come lo fu la Prima Guerra Mondiale che nacque per conflitti ai vertici del Capitale ma nei fatti, per la più classica delle eterogenesi dei fini, generò tutti i socialismi che l’Occidente ha conosciuto in un pugno di anni: forse in questo senso, per quanto emotivamente ed idealmente possa spiacere, un conflitto di portata continentale porterebbe nuove razionalità in questo processo ed il Capitale potrebbe trovare rischioso centralizzare e fragilizzare la società virtualizzandola durante un conflitto. Ma d’altra parte scommettere su una guerra mondiale mi sembra un bell’azzardo.


E qui, per i materialisti, toccherebbe fermarsi, cioè se non trovi uno sbocco razionale non ha senso intraprendere un conflitto necessariamente perdente: se i rapporti di forza non sono sensati non esiste testimonianza, o si vince o si perde. Ed è qui invece che tutte le ideologie volontaristiche ritrovano la propria superiorità rispetto alla “scientificità marxistoide” perché, come diceva Camus, “l’uomo è libero quando dice no” (cosa che io ho sempre trovato, messa così, un pochino subalterna e perdente), ma nel senso che ogni no è un sì, è una accettazione della propria scelta libera ed in definitiva non una fuga, ma una affermazione.


Il Tempio è Sacro perché non è in vendita” diventa la frase più rivoluzionaria possibile perché chiarisce che, sopra un certo livello, non interessano calcoli o possibilità di vittoria. E che semplicemente si può accettare di valere meno delle proprie idee e dei propri valori, e che se il reale dovrà venire “drenato” dal Virtuale, alla fine qualcuno potrebbe trovare più razionale venire “drenato” dall’Ideale. Anche a costo di farsi male.


Dopotutto qualcuno notava che “più fa male più fa ridere”.



Guido Taietti (3 dicembre 2021)

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