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Piazze contro pass: non torniamo indietro mai più



Le centinaia di migliaia di persone spontaneamente riversatesi nelle piazze italiane ieri per protestare contro il lasciapassare verde possono segnare un punto di non ritorno. E comunque - al netto di ogni possibile debolezza e della controffensiva mainstream già partita - testimoniano la transizione verso una nuova fase politica.


Primo punto: quegli straordinari cortei non avevano alla loro testa sigle di partito (anzi, partiti e sindacati non riuscirebbero più a organizzare adunanze popolari di quella portata se non a costo di ingenti risorse). Soprattutto, non avevano alla loro testa sigle neppure implicite: non erano sardine, per capirsi, né girotondini o gatekeeper travestiti da "società civile" per conto di precise aree politiche. Non è stato necessario inscenare la classica pantomima fra organizzatori e corpi intermedi, con invito a non portare bandiere o sottolineature ossessive di autonomia. I partiti non c'entravano non solo perché non volevano entrarci (tutti, compresi quelli che a parole hanno appoggiato le ragioni della protesta), ma soprattutto perché altre erano le discriminanti profonde nel codice genetico di quelle piazze. Nelle quali hanno marciato insieme persone dalle storie politiche più distanti - sinistra e destra - assieme ad altre la cui storia comincia probabilmente ora, fuori da quegli schemi.


Le piazze di ieri, insomma, si sono ribellate di fatto alle geografie ideologiche che per trent'anni hanno imbrigliato una coscienza politica collettiva potenzialmente dirompente. Con buona pace di chi ancora appende la propria falsa coscienza al libretto scritto trent'anni fa da un Bobbio completamente fuori dalla storia, e degli stereotipi costruiti nei decenni per dividere il mondo in buoni e cattivi, ignoranti e colti, selvaggi e responsabili. Le piazze di ieri verranno certamente dileggiate da quell'inutile ceto pseudointellettuale tardo-sessantottesco - sempre fedele a qualunque linea purché provenga dai centri di potere - che negli anni Novanta bollava sprezzantemente di rossobrunismo il fronte anti-Eltzin in Russia (perché avrebbe potuto rovinare la meravigliosa favola di libertà che era d'obbligo far passare). Lo faranno anche questa volta, ma non funzionerà. Perché dal fascismo paventato (ad arte) a quello reale passa una distanza che la percezione popolare, evidentemente, sa cogliere.


Proprio per questo - secondo punto - le piazze odierne sono distanti non solo dal grillismo - la cui miserevole fine ha prodotto anticorpi che si spera resistano a lungo - ma anche da quelle dei no-global d'inizio millennio. Sideralmente distanti. Non chiedono una nuova globalizzazione. Non tagliano il filo del discorso perché "lo dice la scienza" ma neppure perché "lo dice la storia". Non nascondono una sostanziale acquiescenza al sistema neoliberista dietro il pretesto che in fondo il mondialismo targato Soros e compagnia ha lati positivi (ha fatto anche cose buone?). Né si inventano moltitudini globalizzate come nuove frontiere dell'emancipazione mondiale (qualcuno ricorda Toni Negri?). Non devono far combaciare a tutti i costi la realtà con le loro contraddizioni. Il fu "altro mondo possibile" oggi sta con Draghi e Macron. Noi no.


Punto terzo: i manifestanti di ieri hanno fatto saltare le transenne che i media hanno faticosamente costruito in un anno e mezzo di incessante propaganda. Vaccinati e non vaccinati hanno marciato insieme, falsificando nella pratica della lotta le finzioni del divide et impera catodico. E lo hanno fatto per dire un no secco al progetto vero che si cela dietro le pretestuose affabulazioni tecnico-sanitarie del provvedimento. L'istinto anti-autoritario ha focalizzato il cuore delle manovre globaliste: la tracciabilità dei sudditi e la messa in discussione dell'assolutezza dei diritti e delle libertà fondamentali.


Senza guide carismatiche, espedienti teatrali, società di comunicazione alle spalle, i cittadini che ieri hanno manifestato sono radicalmente contro un sistema economico che invade la vita, i corpi, le menti. Sono contro lo strapotere di oligarchie ben definite e riconosciute nella loro trasversalità. Brulicano di persone che vogliono essere libere. Se organizzassero un controvertice, probabilmente non lo farebbero davanti al consesso del G8, ma del Bildelberg. Sono il più clamoroso caso di espressione antitotalitaria degli ultimi decenni. E sono il punto di partenza di una lotta che in potenza è inarrestabile e vincente. A noi tutti il compito di portarla avanti.


Gavino Piga (25 luglio 2021)

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