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Da complottista a terrorista, il passo è sempre più breve



Il programma di normalizzazione degli USA post-Trump è tutto nei rapporti d'intelligence recentemente benedetti dalla nuova amministrazione. Di fronte ai quali il bislacco tentativo di impeachement promosso fuori tempo massimo appare un'innocente burla. A leggere Domestic Violent Extremism Poses Heightened Threat in 2021, datato 1 marzo, minacce «letali» si anniderebbero nelle pieghe della società americana, tra estremisti violenti «motivati da una serie di ideologie e galvanizzati da recenti eventi politico-sociali». Il riferimento non è ai Black Lives Matter, nonostante le loro accese proteste abbiano visto il dichiarato stato di emergenza a Minneapolis, la mobilitazione della Guardia Nazionale in Minnesota, centinaia di migliaia di arresti, danni stimati fra 1 e 2 miliardi di dollari e cruenti scontri con le forze dell'ordine. No: si punta in picchiata su non meglio determinati haters «per ragioni etniche e razziali» nel cui ampio calderone è poi facile, dato il regime semantico del safe space, far confluire indistintamente una miscela di istanze. Il terreno di coltura va dalle masse di manifestanti a Capitol Hill (in grande maggioranza pacifiche) ai critici della gestione pandemica, ai contestatori di Biden (colpevoli in particolare di aver fornito la «narrativa di frodi» circa le ultime presidenziali). Passando ovviamente per le teorie del complotto (del resto, chi meglio dell'intelligence statunitense saprebbe far fruttare di questo termine?).


In breve: chi si oppone alle «percepite gerarchie economiche, sociali, razziali» o a un governo percepito come sbilanciato, negligente, illegittimo (notare il subdolo scivolamento verso il piano soggettivo) è un potenziale pericolo. Accanto all'area di consensi trumpiana figurano anche frange della sinistra radicale, colpevoli di non farsi gestire dal brand liberal-democratico e - altrettanto genericamente - liquidate come anarchist violent extremists. Fra queste, perfino associazioni in difesa dei diritti degli animali. Ma quale sia il vero obiettivo mi pare chiaro. Il grossolano accostamento fra i movimenti anarchici («contrari a ogni forma di capitalismo e di globalizzazione») e la base di un ex presidente miliardario è volutamente semplicistico. Serve a creare un alibi, come usa fare in preparazione di operazioni repressive generalizzate, il cui fine è però di norma assai preciso. Anzitutto: criminalizzare l'intera area di opposizione al consociativismo demo-repubblicano targato Biden, particolarmente quella non ancora collocabile ai margini del livello istituzionale e della logica rappresentativa.


Sì, proprio criminalizzare: «L'amministrazione Biden - nota Glenn Greenwald, certo non sospettabile di trumpismo - ha dichiarato esplicitamente che una delle sue massime priorità è l'adozione di nuove leggi progettate per importare la guerra al terrore di Bush-Cheney-Obama sul suolo americano, per scopi interni». Del resto è difficile interpretare diversamente il favore bipartisan con cui è stata accolta, a febbraio, la richiesta di Bennie Thompson, presidente del Comitato per la sicurezza interna della Camera, di reindirizzare i fondi per la sicurezza nazionale (quelli post-11 settembre) verso obiettivi di sicurezza interna. Peraltro sono già pronte proposte di legge come quella di Adam Schiff, sul terrorismo interno. Proprio mentre - sul piano della strategia internazionale - si propone lo schema della minaccia sino-russa in termini estremamente chiari (e ci torneremo magari nei prossimi giorni).


La stretta non arriva inaspettata e non dobbiamo illuderci che resti oltreoceano. Soprattutto, la studiata strategia lessicale è sempre più stringente. Letale, questa sì. Perché la valenza politica del termine "terrorismo" è evidente a tutti. Come pure l'istituzione esplicita di una sua derivazione da progenitori a torto ritenuti vilmente infamanti ma quasi innocui: "complottista", ad esempio, o l'ancor più quotato "negazionista".


Per tornare da questa parte del mondo, ad esempio, in un recente editoriale notavo come ci fosse ben poco di rassicurante nel regolamento varato dalla Commissione Europea in merito all'Intelligenza Artificiale. Dove si diffida dall'usare tecnologie come quella dell'identificazione biometrica (con plauso generale dei media, perché «non vogliamo certo una sorveglianza di massa»), salvo che non si tratti di indagini per reati gravi: il terrorismo ad esempio. E gli USA - di dove generalmente vengono le mode - oggi ci dicono quanto sia facile innescare quella escalation nella ridefinizione del dissenso che ancora vien fatta passare, guardacaso, come fantasia cospirazionista.


Il tutto, mentre verifichiamo - con l'orrore e la solitudine creati ad arte dall'incessante, ipnotico spettacolo che ci sovrasta - come la guerra al terrorismo dai primi anni Duemila sia stata (anche) un test in cui sperimentare tecniche riutilizzabili sul marciapiedi sotto casa.



Gavino Piga (5 maggio 2021)

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