Ho pensato a lungo prima di scrivere queste parole. Frequento internet da quando è diventato frequentabile per tutti e conosco il senso del ridicolo che si prova quando sostieni una posizione che è perlopiù inascoltata. Perciò lo frequento abbastanza da chiedermi, quando mi trovo da quella parte dello schieramento, se non sia io a vedere male, a sentirmi più sveglio degli altri, a cercare intrugli quando il piatto è molto più semplice. Oggi però ho sentito un amico che mi ha raccontato di come in questo anno le sue posizioni sul mondo siano cambiate, di come abbia rivalutato fazioni e perfino amici e contemporaneamente mi è apparso sotto gli occhi l'ennesimo articolo in cui il vaccino è paragonato a un esorcismo e la propria condizione pre-inoculazione a quella del miserabile. Il covid ha invaso le nostre vite e non riusciamo a parlare d'altro. Anche in questo mi sono promesso di smettere, di lasciar stare, di prendermi una pausa: ma come si fa a non parlare continuamente di una cosa del genere, quando è da questa esperienza che “ne va il nostro essere”? E sono sicuro che come è capitato a me, e così a quel mio amico, sarà capitato anche a chi legge ciò che scrivo: so che alcune persone mi hanno cancellato dagli amici virtuali in questo ultimo anno e non può che essere accaduto per quelle opinioni.
Non metto in dubbio che il mio approccio a questa vicenda sia pieno di errori, sviste e che sia solo uno dei tanti possibili. Accetto che altri la pensino diversamente, anche radicalmente diversamente: che sostengano che le misure funzionerebbero se le rispettassero tutti, che le cose andrebbero molto peggio se non facessimo come abbiamo fatto, che la lotta al covid ha la priorità su qualsiasi altra cosa, che prima di definire la salute come benessere psico-fisico bisogna tenersela stretta la pelle, altrimenti il problema neanche si pone. Però non riesco ad accettare il sonno della ragione che ha colpito molti di noi individualmente e soprattutto come società, ed è sotto questa categoria che mi sento solo o comunque parte di un gruppo ristretto e mi trovo a chiedermi se non faccia parte di quei pazzi che, prima nei bar poi virtualmente, sparano grosso e fuori dal mondo. In un mondo di persone che tengono le mascherine mentre passeggiano in mezzo ai pini io provo un grande disagio.
Quindi mi ripeto: ci sono tante posizioni e tante meritorie di rispetto. Nonostante ciò non è possibile non vedere gli aspetti religiosi di questa faccenda, dal presepe con le mascherine, al vaccino che esorcizza, alla colpevolizzazione del positivo. Non si può non provare disgusto, anche da atei, per un Vaticano che guanta la mano di Dio e pone il vaccino a fianco all'oro, all'argento e alla mirra. Si abusa del termine “dittatura sanitaria”, possiamo però tutti concordare che – la si pensi giustificata o meno – la nostra vita politica ha preso una violenta piega autoritaria? In Italia non si può votare, molti dei nostri diritti costituzionali sono compressi, dei diritti è stata creata una gerarchia che non esiste nella Costituzione stessa, le forze dell'ordine possono chiederci conto del perché usciamo di casa. La figura dell'asintomatico ha generato uno scenario kafkiano: siamo tutti, e sempre, positivi e contagiosi, minacce per gli altri. Ho una formazione da storico e quindi penso che prima di ogni altra cosa la storia si faccia sui documenti: non importa quindi quanto le misure siano rispettate, conta che esistano. Il fascismo impose il Voi e il saluto romano, quella era la legge, quello era il modello dello Stato, quanto la gente avesse smesso davvero di stringersi la mano conta solo in un secondo momento. Quindi in Italia oggi, e da mesi, è vietato abbracciarsi, avvicinarsi, baciare i propri genitori se non vivono con noi, fare sesso se non si è in una relazione stabile. Un modello umano che è però disumano e dal quale si sopravvive solo ignorando il divieto, condividendo con un bambino di tre anni che non è tuo figlio il gelato che stai mangiando.
Il silenzio degli intellettuali e del mondo della cultura è tremendo, il conformismo è invece imperante. Si insegue l'ultima notizia, si accetta l'ultimo racconto oppure, onde evitare polemiche e problemi, si fa finta di nulla. Ci si trincera dietro sintagmi quale “l'ultimo miglio”, come se non fosse un anno che ci ripetono che basta un ultimo, breve, sacrificio ed è finita, è fatta, ne siamo fuori. Una classe dirigente ci usa come scudo e noi ci lasciamo usare: se non ce la facciamo è colpa nostra, del nostro voler stringere qualcuno, amare qualcun altro, vivere. E così diventa normale che dei mediocri politici, tecnici, sanitari ripetano che “non è un liberi tutti”, senza che nessuno faccia notare loro lo schifoso paternalismo, il vilipendio di quello che è un nostro diritto e non una concessione, ovvero essere liberi. Accettiamo un governo che è un'accozzaglia informe, annuiamo quando lo chiamano “dei migliori”, nessuno ha chiesto conto a questo Parlamento quando ha incensato Draghi con termini che farebbero pena al più prono dei servi, al più autocratico dei regimi. Una maggioranza che tiene su questo governo non ci disgusta, non chiediamo di votare (non si può, c'è la pandemia!) perché altro non si potrebbe fare di fronte a chi paragona Draghi a un messia senza giri di parole, a chi ne ha fatto, in termini adatti ai tempi, “l'uomo della provvidenza”. Antifascisti che hanno dimenticato cosa significa affidarsi all'uomo della provvidenza, che non saltano sulla sedia solo perché non vedono teschi e fez. E a questo governo noi abbiamo affidato, con il nostro silenzio, con le nostre paure, con la nostra timidezza, il compito di decidere il nostro futuro per i prossimi decenni.
La resilienza garantisce il patto: è ottimo, sono un sacco di soldi, d'altronde li ha conquistati quel grande uomo che era Conte, uomo della provvidenzina: che vuoi che vada male? Quindi a me va bene che fra le varie posizioni qualcuno ritenga che per contrastare il Covid vada bene tutto, cioè mandare tutto in secondo piano, costi quel che costi, whatever it takes. Però non mi va bene che quasi nessuno faccia notare che per uscire dal Covid si invocano le soluzioni che conosciamo già, potenziate magari dalla svolta digitale e verde. Prolungare l'età pensionabile, privatizzare il privatizzabile, attaccare il welfare: e questo viene fatto ora per andare col pilota automatico fino alla metà del secolo. Siamo così green, però, che in Sardegna non ci sarà uno straccio di lavoro sulle ferrovie, così che la colpa dell'inquinamento sarà sempre della gente pigra, non di infrastrutture terribili. Ogni giorno, da quatto anni, io viaggio su un treno che si muove sul binario singolo. Continuerà a farlo fino al 2050, ma forse smetterà perché in quell'anno non ci sarà bisogno di andare più per quella tratta perché non ci sarà nulla, letteralmente nulla, da vedere.
Maurizio Cocco
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