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Il dottor De Donno marcia sulle nostre gambe



La storia del dottor Giuseppe De Donno l'aveva raccontata brillantemente MancHego San in un articolo che eravamo riusciti a salvare prima che Facebook lo censurasse. Eccola:


Aprile 2020. Scoppia il caso De Donno. Gli ospedali di Pavia e Mantova osano dichiarare di non avere morti da un mese. Curano con trasfusioni di plasma iperimmune dei guariti annullando i sintomi tra le 2 e le 48 ore. Per qualche motivo il caso del dott. De Donno (primario di pneumatologia del Carlo Poma di Mantova) vive un momento di celebrità e sale per un attimo all’onore delle cronache, nonostante lo scetticismo intorno a lui si tagli col coltello. Va in televisione. Persino da Vespa che è come la tana del bianconiglio mediatico: entri zanzarologo e ne esci virologo, entri primario e ne esci ciarlatano. Intanto l’importantissima rivista scientifica Nature conferma la bontà della terapia in un articolo del 7 maggio. All’Ospedale Bambin Gesù di Roma un bambino positivo Covid, per poter essere sottoposto a un trapianto di midollo, viene trattato dall’equipe del dottor Franco Locatelli con plasma terapia. Il paziente si negativizza e viene operato con successo. La terapia col plasma iperimmune funziona. Così, uno si aspetta che speranza sia saltato giù dal letto in piena notte e sia corso in mutande a Mantova per caricare sul motorino Giuseppe De Donno e portarlo in trionfo, praticargli massaggi tantrici o affidargli finanziamenti e un pool di ricercatori per approfondire le sue ricerche (condotte in vent'anni di esperienza peraltro). Invece il ministro speranza, probabilmente ancora terrorizzato dall’aver visto delle automobili passare sotto la sua finestra la sera prima, come ricorderanno tutti coloro che non hanno la memoria di un pesce rosso, gli MANDA I NAS a perquisirgli lo studio. La Stampa, Burioni e il Fatto Quotidiano insinuano che la sieroterapia di De Donno sia una bufala o che il primario stia mentendo perché "in cerca di celebrità". Addirittura (e di questo parlai un anno fa perché era un colpo di classe) si ripete, con “il nano che parla al contrario di Twin Peaks” Burioni, che non è consigliabile utilizzare il plasma perché è “solo una terapia di urgenza per i casi caritatevoli”. Cioè solo i casi disperati. Cioè uno che sta "morendo di Covid" non è un caso disperato. Capito? No, perché io dopo più di un anno non ho ancora capito che cazzo significhi. De Donno (stranamente) risentito e (evidentemente) messo alle strette da pressioni enormi, smette di relazionare i propri risultati e pensieri sui social e poco a poco si dissolve dalle cronache. Il 20 maggio il Lazio di Zingaretti boccia la proposta di introdurre il plasma iperimmune tra le cure per i pazienti Covid. Nonostante ciò, la notizia ormai è girata a carattere nazionale e speranza sbalordisce tutti dichiarando di voler ‘approfondire la ricerca’ con il “progetto Tsunami”. Oh grande speranza!! Finalmente mitttico!! Questa volta gliela fai vedere a quei menagrami che si chiedono cosa faccia una mente acuta quanto una pantegana di campagna investita sulla provinciale, a capo del ministero della salute. Peccato (è sfiga oh!) che la sperimentazione non venga affidata a De Donno (e qui risbuca il genio assoluto di s.) ma all’Istituto Superiore di Sanità, composto da tutti quei bei dottoroni che da 15 mesi a questa parte spargono terrore a badilate e telefonano pure per prenotare un altro bilico di incubi direttamente da un libro di H.P.Lovecraft. Il risultato è che a Settembre 2020 il professor Francesco Menichetti, responsabile della sperimentazione Tsunami, in un appello alle istituzioni lamenta una complessità nelle procedure richieste dall’ISS che ha di fatto segato le gambe alla sperimentazione con il coinvolgimento di appena una decina di ospedali e una ventina di arruolamenti. Più che tsunami quello di speranza è un peto nella vasca da bagno. Il 15 aprile 2021 l’AIFA boccia la cura con il plasma iperimmune. É notizia dell’altro ieri che Giuseppe De Donno abbia lasciato il suo ruolo di primario di Pneumatologia al Poma per “tornare” a fare medico di medicina generale. Chissà come mai. Grazie a speranza, all’ISS e all’AIFA (che sono tutti la stessa cosa perché facenti riferimento ai medesimi datori di lavoro), la cura col plasma è per sempre accantonata, sebbene fosse usata già da anni. Una vita non è abbastanza per ringraziarli del loro prezioso lavoro.



In rete circola ancora il cinguettio di chi non aveva perso occasione per ridacchiare sull'ex "messia" del plasma ridotto al rango di medico di base. A testimoniare l'astio che la fabbrica delle opinioni covava nei confronti di questo "medico di campagna" (così lui si definiva). Capace di non sottomettersi alle Alte Gerarchie della Scienza da salotto, elette dai casting televisivi. E soprattutto irriducibile fautore di un'etica del dono che non ha come priorità quella di oleare i fatturati delle multinazionali farmaceutiche.


Allora non potevamo sapere che l'epilogo della storia sarebbe stato tragico: ieri pomeriggio il dottore è morto. Le cronache lo danno per suicida e - se così è - non è difficile immaginare cosa ci sia stato dentro quella scelta: di certo la sequenza di umiliazioni, insulti, mortificazioni sul piano professionale e umano che il circo dell'informazione, della politica e dell'accademia sa riservare ai non iscritti al club.


Ha lasciato un mondo completamente impazzito, nel quale medici e cittadini sono costretti a mesi di manifestazioni - puntualmente ignorate dai media - per ottenere che l'insensato mantra della vigile attesa ceda il posto a veri protocolli di cura. Un mondo in cui si pretende che sieri sperimentali incapaci di immunizzare e con una spaventosa lista di controindicazioni diventino obbligatori anche per le fasce di popolazione non toccate dal virus. Un mondo isterico, violento, irrazionale, dominato da una paura ampiamente indotta e ormai quasi irreversibile.


Non era questo, certo, il mondo di De Donno. Anche se a questo mondo solo uomini come lui servono davvero. A lui va il nostro ricordo in questo giorno triste, e nei giorni che verranno. Giorni di manifestazioni e di proteste. Quando marcerà anche lui con noi in piazza. Sulle nostre gambe.


[Gavino Piga]

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