top of page

Prendendo a calci il cane-robot: animismo selettivo e intelligenza artificiale

ionò.com


L'intelligenza artificiale, le questioni etiche e le contraddizioni del transumanesimo. Il conflitto tra robotica e senso della vita. Pubblichiamo in traduzione il bel saggio Kicking The Robot Dog: On Selective Animism & Artificial Intelligence di Tad Hargrave (che ringraziamo).


Sembra che viviamo in un'epoca di animismo selettivo. Alcune cose le consideriamo vive, altre no. Ad esempio, di recente ho visto un video in cui alcuni giovani prendono a calci un cane-robot. Un commento al video diceva: "Senti, finiscila di maltrattare quel robot prima che sia tardi, dico davvero!!! Ti va bene o no?!"


Suppongo che, nel futuro tecnocratico e transumanista che si sta precipitando verso tutti noi (e verso il quale molti si stanno precipitando), questo genere di preoccupazioni crescerà: "diritti dei robot", "abusi verso i robot". Si discuterà sull'intelligenza artificiale: è davvero viva (o intelligente)? E cosa può essere considerato esattamente "vivo"? E perché una macchina non può essere viva? E la vita di una macchina vale quanto la vita di un essere umano? O ancora: se un robot è vivo, può essere abusato, ferito o persino ucciso?


Le discussioni sull'inclusione potrebbero presto avere a che fare con l'inclusione o meno dei robot. I bambini chiederanno alle loro mamme chi è la mamma del cane-robot o quali cibi mangia, e la madre dovrà trovare un qualche modo per rispondere al bimbo. Scienziati, politici, attivisti e sociologi ci chiederanno senza dubbio di interrogarci su chi tragga profitto da un simile cane nel mondo. O se sia stata raccontata tutta la verità sulle ragioni per le quali è stato costruito. O se si tratti di cani da guardia: e in quel caso cosa o chi stanno sorvegliando?


Molti sederanno e guarderanno quei cani-robot (sapete che ne stanno arrivando altri) camminare per strada. E si domanderanno: "Quali interrogativi ci pone un cane del genere? Cosa rivela su di noi e sulla società in cui viviamo? Cosa ci è preso per fare in modo che un tale cane apparisse e sembrasse degno della nostra pietà e protezione quando viene preso a calci?"


Eccomi qui. Seduto a guardare. Sto cercando di comprendere. E ciò che più mi colpisce è questo: penso che la preoccupazione di abusare dei robot manchi di una verità più profonda. Cioè che i robot sono già una forma di abuso del mondo naturale, come tutte le macchine. I robot sono la manifestazione di un abuso. E sono la prova di un abuso anche molto più profondo e pervasivo, che si è già consumato e su cui la loro stessa esistenza si basa. L'abuso del mondo naturale.


Ricordo ciò che disse il permaculturista Toby Hemenway: «Ci vuole un grande albero per produrre calore sufficiente a sciogliere il minerale in modo da ottenere abbastanza metallo da poterci fare qualcosa delle dimensioni di una fibbia di cintura».


Posso testimoniarlo. L'ho visto, una volta. Fu in Galles, nel 2019. Uno di noi, un giovane dell'Ontario, era stato incaricato di trovare per noi del minerale di rame. Finì per doverlo cercare in capo al mondo. Non avrebbe mai immaginato che fosse così difficile, ma secoli di estrazione mineraria ci hanno portato a questo punto: ormai non c'è più molto, e ciò che rimane non è facile da trovare o da ottenere. L'unico pezzo che riuscì a reperire fu una roccia grande quanto due pugni, nello shop di un tale in Africa. Non ci ha mai detto quanto avesse pagato per averla, ma non credo sia stato poco.


Passammo la giornata a fare carbone, bruciando una grande pila di legno fino a quando non ne rimase carbone e basta. Il carbone, bruciando, produce molto più calore del legno. Poi lo seppellimmo e cantammo per un po' - imbarazzati e insicuri di noi stessi per tutto il tempo - prima di disseppellirlo e trasportarlo in un buco scavato nel terreno e fiancheggiato da pietre piatte. La roccia che conteneva il rame era stata macinata in pezzetti piccoli e polvere che furono versati nel buco sopra i carboni. Non ricordo per quanto tempo rimanemmo seduti, ma furono ore, e per tutto il tempo cantammo mentre il calore separava il rame dalla pietra. Poi giunse la richiesta di acqua per raffreddarlo. Io corsi a prenderne un po', immaginando che bastasse solo il mio thermos pieno. Invece per mezz'ora fu un andirivieni che sembrava infinito di thermos e bottiglie d'acqua. Venivano portate e rovesciate sui carboni e sul rame che si congelava mentre il vapore eruttava da quel piccolo buco. Ero spiazzato.


La mattina dopo, nella sala della comunità locale dove ci s'incontrava, il giovane ci portò il rame fuso. Non più della punta di un mignolo, se pure ce n'era il tanto. Il resto era ciò che chiamavano "scorie" o "rifiuti": a ciascuno di noi ne fu dato un poco perché lo portassimo a casa e lo mettessimo sui nostri altari. Per ricordarci il costo delle cose. Ricordo di aver pensato al tempo, allo sforzo, all'acqua e a quanto legno era servito per produrre quella piccola quantità di rame. Pensai a quante foreste, secoli fa, dovevano essere state abbattute per nutrire le fucine.


Giorni dopo, sul treno per Londra, pieno di bevitori diretti al concerto per la reunion delle Spice Girls, il giovane che si era preso cura di quel fuoco e aveva procurato la pietra rifletteva sul fatto che - se ricordo bene le sue parole - la prima generazione conosciuta di falci d'acciaio al carbonio era stata lasciata inutilizzata sotto terra. Erano state forgiate, realizzate magnificamente e poi sepolte. Non avevano un graffio.


Non è raro nelle culture tradizionali che, la prima volta che si fa qualcosa, quella cosa venga destinata ad essere offerta in dono. Non la si tiene per sé. Se fai il tuo primo tamburo, non importa quanto lo ami: deve essere dato a qualcun altro. Disse anche che, in alcune tradizioni, quando si offrono perline fatte di conchiglie agli spiriti locali o ai propri antenati, le perline sono per gli dei e la polvere che ne rimane è per il proprio altare. Mentre parlavamo, pensai alle scorie residuate dalla fusione per i nostri altari, avvolte in un tovagliolo di carta nella mia borsa. Forse quei primi produttori di falci la pensavano allo stesso modo: la bellezza di quelle prime falci d'acciaio era per gli dei. Le scorie invece erano per gli altari, per ricordare agli uomini il costo sbalorditivo di ciò che avevano appena fatto.


Quando gli antichi estraevano minerali dalla Terra ai tempi della prima metallurgia, c'era una profonda reverenza. Forse si capiva cosa costasse portar su dalla Terra quegli antenati e con quanta forza fossero pressati. I primi fabbri erano visti come sciamani. Quello che facevano era una specie di magia. Ricordo di aver letto un articolo in cui si sottolineava che uno dei racconti popolari più antichi conosciuti in Europa ha come protagonista un fabbro.


E ricordo di aver visto un libro sui luoghi dell'Africa in cui quest'attività viene ancora praticata nello stesso modo: mostrava come la fucina fosse vista, e modellata, come un grembo materno. Le stesse erbe raccolte e utilizzate per il parto venivano raccolte e utilizzate anche per quel procedimento. Come per la nascita, non c'erano garanzie. Come per la nascita, le cose sarebbero potute andar male. Come per la nascita, era necessario prestare immensa attenzione alla madre e al piccolo che ancora cresceva dentro di lei. Il procedimento metallurgico è stato - e nei luoghi in cui viene praticato è ancora - una cerimonia profonda.


Quest'arte della metallurgia potrebbe essere ciò di cui si parla negli antichi racconti: l'estrarre la spada dalla pietra nella leggenda arturiana. Colui che fosse stato in grado di estrarre il metallo dalla roccia sarebbe diventato re. E di certo l'età del bronzo dimostra che è così: senza metallurgia - questo è l'argomento che se ne potrebbe ricavare - non ci sarebbero stati re in nessun luogo.


A proposito di spade, ecco un'osservazione su cui riflettere: una spada è affine alla mano umana. Estende e affina la sua capacità ad effetti devastanti e mortali. Una vita, la spada, si connette con un'altra vita, la mano umana. Forse ci sono giorni in cui il metallo è felice di essere fuori dalla terra sotto forma di lama. Forse altre volte sogna di tornare sotto terra. Non lo so. Ma so che, nell'artigianato arcaico, lì c'è una relazione. Vita verso vita.


Nelle culture antiche la spada aveva spesso un nome. A volte passava ai figli. A volte veniva sepolta con colui che l'aveva portata. Una forma di misericordia offerta a entrambi: l'opportunità di riposare finalmente di nuovo dentro quella Terra da cui ambedue provenivano. «Grazie per esserti unita a noi per un po'» - avrebbero potuto dire mentre la depositavano - «ora hai delle storie da portare agli altri laggiù. Speriamo che parlerai bene di noi. Dì loro che ci mancano ancora, e parla loro di noi. Dì che siamo contenti che sei venuta».


Da una prospettiva animista (credere che tutto è vivo e, ancor più in profondità, che non ci sono "cose" ma solo esseri viventi, e popoli e nazioni in forme diverse), il metallo era già concepito come vivo. Da un punto di vista animista, gli esseri umani non sono qui per concedere la vita, ma per riconoscerla e rendere grazie per essa. Gli esseri umani sono i testimoni del sacro, non i suoi fabbricatori. Come scrisse Mary Oliver, «Istruzioni per vivere: fare attenzione. Stupirsi. Raccontarlo».


Quando si arriva a parlare dei "diritti dei robot", si è già da tempo radicata l'idea che i metalli che costituiscono il robot siano "morti". Ah, ma gli umani, combinandoli in un certo modo, possono concedere loro la "vita". Il metallo è morto. Il robot è vivo. La comprensione inanimista (vedere il mondo fondamentalmente come non vivo) è che noi, esseri umani, conferiamo animazione, sacralità e vita al metallo facendolo muovere e operare nel modo in cui noi vogliamo. In modi che assomigliano alla vita biologica. Se ci somiglia e si muove come noi, solo allora potrà essere vivo. In caso contrario, probabilmente non lo è. Basti considerare il modo in cui i robot stanno arrivando a guardare e muoversi sempre più come noi o i nostri animali domestici.


L'inanimista può anche immaginare che il pupazzo sia portato in vita dal burattinaio, ma non che il burattino fosse già vivo. L'animista invece sa che il legno, il filo, il panno, le vernici... erano tutti già vivi prima che quel burattinaio si presentasse e li mettesse insieme nella forma in cui si operano. A differenza che per la spada, quando veniamo al "robot" non c'è più mano umana. Non ci sono "corde" tirate da un burattinaio umano. Non c'è relazione o parentela con gli umani. C'è intelligenza artificiale e algoritmo. C'è il controllo. C'è la schiavitù del metallo e dei macchinari verso programmi e protocolli.



C'è una domanda che gli inanimisti non ritengono degna di essere fatta: il metallo vuole essere un robot?Potremmo considerare ciò che scrive Rupert Ross nel suo libro Ritorno agli insegnamenti: «Basil Johnston parla della gerarchia Ojibway della Creazione nel patrimonio ojibway. Questa gerarchia non si basa sull'intelligenza, sulla bellezza, sulla forza o sui numeri. Si basa piuttosto sui rapporti di dipendenza. Pone la Madre Terra (e la sua linfa vitale, le acque) al primo posto, perché senza di loro non ci sarebbe vita animale, vegetale o umana. Il mondo vegetale è secondo, perché senza di esso non ci sarebbe vita animale o umana. Il mondo animale è terzo. Ultimi, e chiaramente meno importanti in questa gerarchia globale, arrivano gli umani. Niente dipende dalla nostra sopravvivenza. Questo è ciò che sembra derivare da quell'attenzione alle dipendenze. Poiché noi esseri umani siamo i più dipendenti di tutti, siamo noi che dobbiamo il più grande dovere di rispetto e cura per gli altri tre ordini. Senza di loro, periamo. Il nostro ruolo non è quindi quello di sottomettere singole parti di essi per raggiungere i nostri obiettivi a breve termine, perché ciò potrebbe turbare i loro equilibri. Semmai, il nostro ruolo è quello di imparare come interagiscono tutti tra loro in modo da poter fare del nostro meglio per adattarci alle relazioni che esistono fra loro. Qualsiasi altro approccio, a lungo termine, non può che turbare equilibri sani che durano da milioni di anni e che, ovviamente, hanno creato le condizioni per la nostra evoluzione».


E così, gli umani sono nuovi in questo mondo. Anche se apparteniamo profondamente a questo posto, siamo la cosa più vicina che ci sia a un ospite nel mondo. Siamo stati accolti in qualcosa. Anche nel Genesi, il mondo era qui davanti a noi. Siamo nati in lui. Non lui è nato da noi. Non è qui per noi. Prima c'era la terra. Poi gli animali hanno scoperto come trasportarsi sulla terra in modo da potersi muovere. Poi è arrivato l'uomo – il fratellino smemorato e sciocco – e sembrava aver bisogno di creare un altro tipo di cultura che potesse ricordargli come essere uomo. Ma, prima di tutto ciò, c'era il mantello della Terra. C'era il metallo. Il metallo è più vecchio di noi. È ciò che è "più vecchio della sporcizia". È il nostro antenato. Non è qui per noi. Niente è qui "per noi" come esseri umani.


Allora, cosa vuole il metallo? Questa è una domanda degna di riflessione per generazioni, ma ora che me la pongo ad alta voce ecco cosa mi viene in mente.


Mi sembra che al metallo piaccia stare fermo a lungo: se si muove, è attraverso l'eruzione e il terremoto. Ha una sua natura, completamente ignorata e non rispettata dai meccanici, dagli industriali e dai produttori di robot. Davvero i metalli vogliono essere sfruttati ai ritmi sincopati e ripetitivi dell'implacabile industria? Vogliono essere trasformati in macchine che producono giocattoli di plastica a basso costo? Vogliono essere trasformati in macchine utilizzate nelle fabbriche di felpe per produrre fast fashion? Vogliono essere incatenati alle industrie che distruggono la nostra salute, il nostro benessere e la nostra sanità mentale? Vogliono essere trasformati in macchine che distruggono il nostro mondo naturale? Vogliono essere pressati in questo tipo di servizio? È una specie di tortura per loro o è una specie di abuso di questi nostri antenati? Che cosa chiediamo loro? Si sentono soli sottoterra? Cosa chiediamo loro quando li tiriamo fuori dal terreno? Non lo so. Ma me lo chiedo. Cosa vuole il metallo? E ci importa?



I robot saranno abusati? Senza dubbio. Considera l'etimologia della parola robot:


[1923, dalla traduzione inglese della commedia del 1920 "R.U.R." (Robot Universali della Rossum) di Karel Capek (1890-1938), dal ceco robotnik: "lavoratore forzato", da robota: "lavoro forzato, servizio obbligatorio, lavoro ripetitivo", da robotiti: "al lavoro, uomo di fatica", da una radice in antico ceco simile alla rabota rabota della Chiesa antica: "servitù", da rabu: "schiavo", dall'antico slavo *orbu-, da PIE *orbh- "passare da uno stato all'altro" (vedi orfano). La parola slava è quindi cugina del tedesco Arbeit, "lavoro" (alto tedesco antico). Secondo Rawson la parola fu resa popolare dall'opera teatrale di Karel Capek, "ma fu coniata da suo fratello Josef (i due spesso collaborarono), che la usò inizialmente in un racconto"]


I robot sono stati concepiti come schiavi per lavorare per noi e fare il lavoro che non possiamo, o non vogliamo, fare noi. Ma credo che ci venga richiesto di pensare in una prospettiva più ampia: e se i robot non fossero solo abusati, ma essi stessi l'espressione di un abuso? E se fossero il risultato finale di secoli di abusi? E se l'"abuso dei robot" non iniziasse quando degli uomini cominciano a prendere a calci un cane robot, ma quando estraggono i metalli dalla Terra senza permesso, senza gratitudine per la loro vita? Penso alla spiegazione di JRR Tolkien su chi fossero gli orchi: elfi che erano stati torturati per secoli e attorcigliati in qualcosa di oscuro e irriconoscibile. Piangere l'abuso per un cane robot preso a calci ma non piangere come un abuso lo strappo intensivo di quei metalli dal loro grembo nella Terra, dal corpo della terra di cui facevano parte, significa piangere troppo tardi e troppo poco.


Il mondo è vivo o no? Quanto siamo selettivi nel nostro animismo? Se porti rispetto al robot, porta lo stesso rispetto e instaura la stessa relazione con ogni fase del procedimento con cui ogni pezzo è arrivato al processo di produzione del robot. Chiedi il permesso della terra che stai per scavare e colmala di doni. Addolorati, in modo tale che la terra capisca che tu comprendi cosa le stai chiedendo. Vedi se la tua generosità la smuove. Se sì, chiedi il permesso del metallo e supplicalo a lungo che possa unirsi a te e alla tua gente in superficie. Vedi se riesci a suscitare la necessaria persuasione. Raccogli parole di lode sul metallo in modo che non abbia dubbi sul fatto che ne comprendi la natura e il valore. Fai di nuovo un'offerta. E se riesci in questo, chiedi il permesso ad ogni albero che tagli per riscaldare le fucine che scioglieranno il minerale. Piangi per ogni boschetto che fai sparire. Inginocchiati e bacia ogni ceppo con la bocca. Rendi per questo immensi ringraziamenti e scuse. Ringrazia per i loro corpi. Sciogli una preghiera. Prometti che ne userai ogni pezzetto. Prometti ai boschi che avrai cura anche di loro. Non prendere più del necessario. Concia a mano il cuoio dalla pelle della mucca che la tua gente ha scorticato per farne i soffietti che riscaldano la tua fucina. Piangi mentre ti porti via la sua vita. Canta e prega mentre conci, e ringrazia per la vita della mucca fino in fondo. Offrite lodi ai vostri fabbri per il loro lavoro e trattateli con reverenza per la loro offerta. Fai lo stesso per tutti (non tutte le "cose") egualmente necessari per i circuiti stampati e i circuiti, i pistoni e le plastiche. Chiedi il permesso di tutte le persone coinvolte. Fai offerte a tutti. Dispensa dolore e gratitudine per tutto. E se ciò che farai produrrà inquinamento alla terra, chiedi il permesso di tutti sulla terra e nell'acqua e nell'aria (e della terra, dell'aria e dell'acqua stessa) che saranno inquinate dal tuo lavoro, e vedi se riesci a far capire loro che il cane robot che intendi costruire vale il loro nobile sacrificio. Poi chiedi il perdono di tutti i tuoi discendenti e antenati che saranno influenzati dalle tue azioni. Piangi per il fatto stesso che la tua presunzione chiede tutto ciò.


Poi, dopo aver fatto tutto ciò, vieni a parlarmi delle tue preoccupazioni circa l'abuso dei robot e del tuo rispetto per la vita delle macchine. Potresti scoprire che il costo della creazione di quel cane-robot è troppo elevato perché il tuo popolo lo possa sopportare. Anzi, lungo questo percorso potresti renderti conto di non avere più un popolo. Vedi se riesci anche tu a sopportarlo. Il problema principale dell'industria non è che utilizza il metallo. È che vede il metallo come una risorsa e non come un parente, come un oggetto e non come un soggetto. Come qualcosa di "inerte" fino a quando non lo attiviamo. Non è che un cane robot non sia vivo. È che tutto è vivo. È che non ci sono "cose".



Vale la pena sottolineare che questo "animismo selettivo" non è un gioco nuovo. La Chiesa cattolica sembrava irremovibile sul fatto che solo gli esseri umani - e non le piante, gli animali o le rocce - avessero un'anima. Ma naturalmente non tutti gli esseri umani: intere categorie di persone sono state considerate "non umane" nel corso della storia, e quindi indegne di qualsiasi considerazione. I neri, i rom, i tinker e gli indigeni di tutto il mondo. Gli immigrati vengono spesso disumanizzati, chiamati "locuste" o "serpenti" o "parassiti". E questa disumanizzazione è una forma di inanimismo. Rende le persone oggetti di odio. Dove oggetto - e non odio - è l'elemento più dannoso dell'equazione.


Ma in realtà è ancora peggio. Mentre con una mano stiamo cercando di trasformare Pinocchio in un bambino vero, con l'altra stiamo anche trasformando i bambini veri in burattini per il sistema. Mentre cerchiamo di dare vita alle "cose", stiamo facendo dei vivi "cose". Questa potrebbe essere la grande corrente sotterranea dell'intera economia globale: la conversione degli esseri viventi in cose morte. Le cime delle montagne diventano lattine pop, gli alberi diventano carta e gli esseri umani diventano numeri nelle grandi dashboard celesti.


La vita sta diventando, come ha scritto Martin Luther King Jr., "una cosa" e le "cose" - diciamocelo - stanno diventando "vive" (rese reali). Se hai qualche dubbio, chiediti perché così tante persone stiano creando "avatar digitali" e "gemelli digitali" di se stessi, e li stiano usando per interagire con gli altri online. Chiediti cosa sia il sistema di posizionamento dello stato basato sui social media in Cina. Chiediti dei voti a scuola e perché esistano (anzi, pensa proprio al perché esistono le scuole) se non per addestrarci a inserirci nella macchina come un altro ingranaggio "reificato". Chiediti chi ne tragga vantaggio. Chiediti del futuro sistema di blockchain in cui tutte le informazioni che esistono su di te - sì, proprio tutte - verranno messe in un unico posto, una dashboard dove potranno essere utilizzate da coloro che detengono il potere per "spingerti" e "programmarti" al comportamento giusto (secondo quanto deciso da loro). Potresti anche considerare la quantità di tempo che le persone trascorrono davanti ai videogiochi e vivendo in mondi virtuali ma - ciò che è più importante ancora - potresti renderti conto di come siamo diventati noi i personaggi in un gioco online globale agito da banchieri, hedge fund e società tecnologiche. Siamo diventati risorse per il raggiungimento dei risultati che loro desiderano. Pensa alla quantità crescente di interazioni fra i giovani che avvengono online, in un mondo che non è reale. Considera quanto tempo trascorrono davanti agli schermi. Considera come, invece degli anziani che guidano i giovani a sviluppare i loro talenti, l'Intelligenza Artificiale probabilmente guiderà i tuoi figli in qualsiasi competenza abbiano, utile ad essere sfruttata dallo Stato o dalle corporations (nella misura in cui le due cose potranno ancora essere distinte). Potresti anche considerare quanto stia diventando sintetico il nostro mondo: le luci, i suoni, gli odori, i gusti, le trame e il cibo. E si potrebbe pensare a come questo mondo sembri scivolare dall'analogico al digitale, dal biologico al digitale. Oh, siamo stati "reificati", va bene. Ma, come disse Thomas Berry, "l'universo non è una collezione di oggetti. È una comunione di soggetti. Non ci sono "cose" in questo universo.


Sembra che ci troviamo in quello strano posto dove le relazioni si capovolgono: invece di tecnologia al servizio degli esseri umani, esseri umani che iniziano a servire la tecnologia. Le esigenze della tecnocrazia contano più dei bisogni umani e dei bisogni del mondo. Sotto il capitalismo, gli industriali possiedono la macchina. Sotto il comunismo la possiede lo Stato. In nessuno dei due sistemi viene messa in discussione l'esistenza della macchina. Se dobbiamo scegliere tra la salute delle comunità di colore che si occupano di inceneritori di rifiuti tossici e la salute di quell'inceneritore, sappiamo quale dei due coloro che sono al potere proteggeranno. Le esigenze della macchina sembrano essere in grado di soddisfare i bisogni degli esseri umani e, più in generale, la vita stessa.


Sto suggerendo di assicurarci che le macchine servano gli esseri umani anziché il contrario? No. Ma sto suggerendo che tutto questo modo di guardare al mondo come pieno di risorse pronte all'uso per noi, da impiegare ai nostri fini, ha bisogno di una profonda revisione. Propongo di resistere allo sguardo del sistema che ci porta a vederci come risorse per la macchina. Noi guardiamo sempre più al mondo come pieno di cose, e ci guardiamo sempre più come una di quelle cose. Invece dobbiamo opporci a entrambe le tendenze. Mettiamole da parte. O piuttosto usciamone e procediamo diversamente. Come disse il buon Utah Phillips a un gruppo di studenti delle scuole superiori in California, "Stai per dirti ancora una volta che sei la risorsa naturale più preziosa d'America. Avete visto cosa fanno alle preziose risorse naturali? Hai visto una miniera di strisce? Hai visto un taglio chiaro nella foresta? Hai visto un fiume inquinato? Non lasciare mai che ti chiamino una preziosa risorsa naturale! Ti toglieranno l'anima. Chiariranno i tuoi pensieri migliori per il profitto a meno che tu non impari a resistere. Fate una pausa per questo, ragazzi!


Torniamo al commento: "Ehi ragazzini! Piantatela di maltrattare quel robot prima che sia troppo tardi, non scherzo! Vi va bene o no!? "

Apparentemente sembra voler dire che il cane-robot è vivo e meritevole di cure. Ma, se fai qualche passo indietro e allarghi la visuale, potresti porti alcune domande: cosa significa il tuo desiderio di cura verso questo cane-robot se non ti importava di tutti i pezzi che l'hanno costruito? Puoi davvero considerarti un animista con il prodotto finale se non sei stato un animista con tutte le parti e con il processo di costruzione? E, se ti interessa solo questo prodotto finale, cosa dice questo della tua comprensione di ciò che è e non è vivo, di ciò che merita e non merita la tua cura e la tua protezione?


Ed eccoci di nuovo all'animismo selettivo. Il mondo è vivo, o no? Le generazioni future attendono la nostra risposta, anche adesso.


A proposito di Tad Hargrave: Dal 2000, Tad si è interessato a come i suoi antenati scozzesi animisti siano diventati "bianchi" e "moderni". Tra il settembre 2004 e il febbraio 2006, si è dedicato allo studio della sua lingua originaria, il gaelico scozzese, sia in Nuova Scozia che in Scozia. Sa conversare fluentemente in gaelico. Gestisce anche un blog chiamato "Healing from Whiteness", dopo aver gestito, per qualche tempo, un gruppo Facebook con lo stesso nome. È co-fondatore della Jam della Nuova Scozia Gael e ha recitato nel secondo film canadese in lingua gaelica "The Fiddler's Reel". Tad è nato e cresciuto a Edmonton, Alberta, tradizionalmente conosciuta, nella lingua indigena locale del Credo, come Amiskwaciy (Collina del Castoro) e più tardi Amiskwaciwaskihegan (Beaver Hill House). I suoi antenati provengono prevalentemente dalla Scozia, e alcuni anche dall'Ucraina. È interessato ai dibattiti di argomento politico e storico, e dalle questioni relative all'ascendenza, alla guarigione e a come tutto sia venuto all'esistenza.


[Traduzione italiana a cura di Gavino Piga]

Comments


Also Featured In

    Like what you read? Donate now and help me provide fresh news and analysis for my readers   

PayPal ButtonPayPal Button

© 2023 by "This Just In". Proudly created with Wix.com

bottom of page