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La pandemia oltre lo spettacolo della pandemia



«Sono disposti a fare cose brutte. Costringerci a vaccinarci tutti, anche i bambini, ed espellere dal sistema chi si rifiuta». Così mi risponde il team di OVALmedia - coraggiosa casa di produzione indipendente - quando chiedo fino a che punto, secondo loro, siano disposti ad arrivare i governi del "democratico" occidente ancora in piena isteria pandemica. Un'isteria che ha già prodotto misure restrittive dei più elementari diritti - senza alcuna riprova della loro efficacia - e la censura sistematica di ogni voce critica. Passando per un'inaudita campagna d'odio contro i dissidenti e le prime prove di una svolta, a vari livelli, repressiva.


Tutta una parabola che l'ultimo lavoro di casa OVAL, Corona.Film - Prologo, diretto da Robert Cibis e Bert Ehgartner (visibile gratuitamente fino al 5 settembre: qui le istruzioni per l'accesso), documenta con rigore. E lo fa sbirciando dietro lo spettacolo della pandemia, fra le voci inascoltate, le persone comuni, i luoghi del dissenso e quelli della "nuova normalità". Come in un inaspettato backstage: nel rovescio delle immagini più iconiche di questi due anni, a partire dalla Bergamo dei camion militari, e fino alle piazze oscurate dai media, pestaggi inclusi. Con ragione Giorgio Agamben ha parlato di un «primo, esemplare contributo alla storia di una trasformazione economica e politica che minaccia di distruggere tutto ciò che rende la vita degna di essere vissuta». E da qui - nella convinzione che questa storia dovrà essere scritta - è nata la mia conversazione con i responsabili del progetto. Sul presente e sul futuro, del loro lavoro e della nostra società.


Il film si apre con la perentoria affermazione di Schwab: “il mondo, così come lo conoscevamo nei primi mesi del 2020, non esiste più”. Questa è infatti la cornice della gestione pandemica guidata dalle élites finanziarie. Ma quanto è diffusa, secondo voi, nell’opinione pubblica dei Paesi occidentali la consapevolezza che la “vecchia” normalità deve essere scaraventata fuori dalla storia?

Pochissimo a livello conscio, abbastanza a livello inconscio. La sensazione diffusa è che, mediamente, le persone sperino che tutto questo finisca in questo istante e vogliano tornare comprensibilmente al mondo com’era prima della pandemia. E ciò è più che umano. Hanno accolto il vaccino come una salvezza, così inizialmente gli è stata proposta, come la nave che ci fa tornare sani e salvi in porto, alla vita di prima. Ma ora che si percepisce chiaramente che il vaccino non è una soluzione, la gente comincia ad arrabbiarsi; purtroppo non con chi l’ha illusa, bensì con chi si è rifiutato di sottostare al richiamo. E ora l’idea di essere sottoposti ad una terza, una quarta e chissà, un’annuale dose, immaginiamo faccia arrabbiare ancora di più. Dunque la crescente rabbia non è solo stimolata da chi soffia sul fuoco (certi giornalisti, certi politici e certi virologi) ma è proprio il segno della frustrazione di chi ha passato un anno e mezzo orribile, chiuso in casa, e in fondo sa che niente sarà più come prima. Uno dei pregi di questo lavoro è la sua dimensione internazionale: il filo si dipana fra Germania, Austria, UK, Italia… Ecco, l’Italia: la situazione qui – quanto a immaginario collettivo, isteria mediatica e politica – è perfettamente assimilabile a quella di altri contesti europei o ha delle specificità significative? E se sì, perché?

Qui in Italia, benché le misure adottate siano molto simili a quelle prese dai governi francese o tedesco riguardo a restrizioni e gestioni sanitarie, giornali e tv parlano incessantemente di Covid-19 e di vaccini, molto di più che negli altri Paesi. Martellare sulla paura in questo modo, cosa che viene fatta da un anno e mezzo, porta alcuni italiani a pronunciare frasi di una gravità assoluta in contesti televisivi di fronte a milioni di persone, come proporre di far pagare l’ospedale di tasca propria a chi si ammalasse di covid avendo rifiutato il vaccino. C’è chi ha perfino suggerito ai riders di sputare nel cibo dei non vaccinati. La paura rende ciechi e poi disumani.

Realizzare e promuovere un film del genere, totalmente al di fuori delle cornici narrative dominanti, è un atto di coraggio che di questi tempi immagino esponga a non pochi problemi. Come è nata l’idea? Quale tipo di promozione e distribuzione avete potuto attivare? E ci sono state difficoltà particolari legate alla censura ormai imperante?


Anni fa OVALmedia realizzaTrustWHO, un documentario critico nei confronti dell’OMS (lo trovate qui). Il film gira molti festival, viene apprezzato da tanti. Poi all’inizio della pandemia, dunque dopo qualche anno, viene censurato da Vimeo. Nel frattempo intervistiamo il Dr. Wodarg, pneumologo, uno dei protagonisti del primo documentario, a proposito della nascente epidemia. Lui esprime, tra i pochi, critiche all’uso dei test PCR e alle prime misure adottate dal governo tedesco, e la reazione è incredibile: la sua intervista raggiunge velocemente più di un milione di visualizzazioni ma si scatena l’ira contro di lui, e anche contro OVALmedia. Da qui il desiderio di dare voce ad altri scienziati, allargare lo sguardo per poi vedere che tutto ciò che emerge di diverso dalla linea governativa non si vuole confluisca in un dibattito libero, schietto: chi dubita viene accostato ad un complottista o (nell’assurdità più totale) ad un neonazista. Ma la voglia di tanti di capirci qualcosa ci ha spinti a fare un crowdfunding e a trovare persone che ci sostenessero. Di certo le TV nazionali non ci avrebbero più dato un soldo per realizzare un documentario del genere.

Visto come sono andate finora le cose, è ancora possibile de-spettacolarizzare la “pandemia”?


Nel corso dei secoli, la medicina è sempre stata utilizzata impropriamente come strumento di potere. Il paziente tende a piegarsi alla forza del medico e ciò, applicato su scala nazionale, può favorire una sottomissione generale che altrimenti sarebbe impensabile. Se la medicina viene poi elevata allo status di religione, diventa l'arma miracolosa. I nuovi gesti di adesione al potere, come il rifiuto di stringere la mano o indossare una mascherina, vengono integrati da riti di iniziazione come la vaccinazione. La pandemia sta strutturando la nostra società indipendentemente dal peso medico che il virus ha. Solo quando avremo trovato un nuovo modello di società ci libereremo della pandemia come narrazione dominante. Quanto possono incidere su fasce importanti di opinione pubblica inchieste serie o lavori di controinformazione oggi fruibili soprattutto attraverso il web?

Un po’, ma non tantissimo. Per quello che riguarda il web l’impressione è che le persone vadano a cercare quello che li conferma in ciò che già credono; è difficile che qualcuno sia illuminato sulla via di Damasco, anche se qualche volta può capitare. Il problema a cui si torna sempre è che non c’è un reale dibattito, questo è la morte del pensiero, di qualunque pensiero. Noi speriamo di incidere più che possiamo, ovviamente, e siamo spinti anche dal fatto che non potremmo occuparci di altro o solo di altro: questo momento è storicamente unico, molto più segnante del 11/9 e sappiamo che non si torna più indietro.

Ma ci sono, nella narrazione egemone, crepe fra le quali è possibile insinuarsi per cercare di far implodere questa incessante propaganda?

Oltre al web non vediamo molte possibilità al momento. La televisione è economicamente in caduta libera, i giornali idem. La TV è stata vista perché eravamo chiusi a casa e spaventati, ma è tutta uguale, noiosissima, senza un vero dibattito, appiattita, e anche l’intrattenimento che offre non è divertente, non distrae davvero.

Fortunatamente possiamo ancora fuoriuscire dalla noia televisiva e apprezzare lavori come questo. A proposito, il film – come dice il titolo – è un prologo, peraltro molto promettente: è possibile avere qualche anticipazione riguardo al seguito?

Abbiamo la pretesa di voler capire tutto. Potrebbe essere impossibile, ma se fai le domande giuste puoi avvicinarti alla questione. Indagheremo il sistema finanziario, i servizi segreti e molto altro per capire la politica dell’era “Coronavirus”. Osserveremo quelli che resistono e da questo dedurremo a che punto è la ricostruzione della società. Infine mostreremo uno scenario di ciò che crediamo sarà il futuro dei nostri Paesi. Per fare questo abbiamo bisogno dell’aiuto di tutti. Potete sostenerci contribuendo con donazioni: trovate indicazione sul nostro sito OVALmedia.com


Ecco, parliamo di Oval Media, il progetto in cui vede la luce anche "Corona.Film". Si tratta di un progetto estremamente interessante che ora produce anche in lingua italiana: possiamo presentarlo in breve ai nostri lettori?


Oltre ai documentari, OVALmedia produce molti contenuti e format in tedesco, inglese, francese e italiano e li sottotitola in varie lingue. Editiamo anche libri e da poco più di un mese abbiamo iniziato a produrre Narrative a Roma sulla falsariga del programma realizzato a Berlino (lo trovate sulla nostra pagina Facebook e sul nostro canale Youtube in italiano, ma a breve anche sulla nostra piattaforma). Le narrazioni sui temi dominanti sono il nostro pallino: ci piace identificarle, analizzare e, quando siamo in grado, smontarle. Lo facciamo con l’aiuto di esperti del tema che di volta in volta trattiamo. Abbiamo osservato la narrazione sull’origine del virus insieme a Franco Fracassi, abbiamo analizzato la vulgata sul reddito universale, abbiamo trattato il tema del green-washing e ci siamo concessi anche un’ora divertente in compagnia dell’autore delle frasi di Osho, Federico Palmaroli. Questa è Narrative. Infine stiamo uscendo con la traduzione in italiano del libro di Paul Schreyer Cronaca di una crisi annunciata. Come un virus ha cambiato il mondo, in vetta alle classifiche tedesche per molti mesi.


Uno spiraglio nel panorama omologato che ci avvolge, insomma. Da salutare con speranza.


[intervista a cura di G.P.]

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