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Il lockdown secondo l'epidemiologo Martin Kulldorff



Qua in Italia è stato dato risalto mediatico a vari personaggi dalle varie qualifiche: che fossero infettivologi, virologi, matematici, gastroenterologi (prima interpolazione: Hey, Mr. Cartabellotta, ma non aveva fatto un tweet in cui ci diceva che il Covid è più contagioso del tifo e che quindi gli interisti avrebbero con certezza causato un disastro sanitario a Milano?) tutto faceva brodo, con anche assodate tecniche televisive da poliziotto buono e poliziotto cattivo.


In contrasto fra loro come sette protestanti nella Germania del sedicesimo secolo, dovevano però sottostare alla Grande Versione dei Fatti che si può riassumere così: le misure di contenimento sono necessarie e doverose, la lotta al Covid ha la precedenza su qualsiasi altro problema, anche se finisce per crearne di più gravi, la crisi può finire solo con l'avvento del vaccino che arriverà in tempi brevi perché La Scienza ci sta lavorando duramente e con un sacco di soldi (seconda interpolazione: quindi passata la crisi Covid io pretendo in un annetto il vaccino contro l'HIV e massimo massimo in due annetti la cura contro il cancro, tanto basta metterci soldi e impegno, no?).


Insomma, suo il regno, di lui la religione; pur nell'ambito delle confessioni cristiane, però. Cattolico, luterano, finanche calvinista (ma solo dopo Westphalia), però non musulmano. E quindi, di rimando, radicali, moderati, terroristi, pompieri, ma pur sempre dentro il recinto della Grande Versione dei Fatti.



Però c'è un però. Martin Kulldorff è un epidemiologo e biostatista, cioè per davvero uno "scienziato" (un medico, perfino un primario, si occupa principalmente di pratica medica, non assiduamente e non in tutti i casi di ricerca scientifica) che si occupa di sanità pubblica, che è una cosa ben diversa dal vedere in prima persona i malati. Si tratta invece di quel tipo di figura che vede e deve vedere il quadro d'insieme, come il generale sulla collina. Certo che il soldato che si prende le pallottole addosso ha un determinato tipo di reazione, giustificata e comprensibile, ma va senza dire che la battaglia il generale sulla collina la vince solo ignorando la sofferenza del singolo soldato che si prende le pallottole (terza interpolazione: rubo la metafora militare per fare un dispetto alla Grande Versione dei Fatti).


Kulldorff insegna ad Harvard, quindi ha tutti i crismi richiesti dal nuovo principio di autorità e, a un anno e mezzo di distanza dall'inizio di questi tragici eventi, rimarca la sua netta posizione contro le politiche di sanità pubblica messe in atto dalla maggior parte degli Stati occidentali e ci spiega anche quanto posizioni come la sua siano state ostracizzate. «Non avevo altra scelta che esprimermi contro i lockdown. In quanto scienziato che si occupa di sanità pubblica con decenni di esperienza nel campo di epidemie di malattie infettive, non potevo tacere. Non quando i principi basici di sanità pubblica vengono buttati dalla finestra. Non quando la classe lavoratrice viene gettata sotto l'autobus. Non quando gli oppositori del lockdown vengono dati in pasto ai lupi. Non c'è mai stato un consenso scientifico intorno ai lockdown».


Fin dal principio, l'autore ci ricorda di avere considerato il Covid un problema serio, ma una malattia che colpiva in maniera molto differente i giovani e gli anziani: questi andavano protetti, invece si è scelto di sacrificare i giovani. «Era necessario proteggere le persone più vecchie e a rischio, mentre quelle più giovani e meno a rischio permettevano alla società di funzionare». Quando, un anno fa, provò a rendere note queste sue considerazioni, non trovò alcuno spazio mediatico se non nella sua nativa Svezia. «Invece che comprendere la pandemia, siamo stati incoraggiati ad averne paura". Invece della vita, abbiamo avuto il lockdown e la morte. Abbiamo avuto diagnosi di cancro posticipate, peggiori risultati nel trattamento delle patologie cardiovascolari, il deteriorarsi della salute mentale, e molti altri danni collaterali nella sanità pubblica a causa dei lockdown. I bambini, i più anziani, e la classe lavoratrice sono stati i più colpiti da quella che può essere descritto solo come il più grande fiasco nel campo della sanità pubblica della storia».


La scorsa estate, attraverso il suo profilo twitter e grazie ad alcuni studi svedesi sulle scuole, Kulldorff è riuscito ad avere spazio nei media (da noi è capitato molto più tardi grazie a Sara Gandini) e mostrare come in realtà nel suo campo di ricerca fosse considerata più favorevolmente l'idea di proteggere le persone a rischio, mentre si faceva passare il messaggio che ci fosse un consenso scientifico intorno ai lockdown.


Il Covid19 è nei bambini e negli adolescenti (e questo va considerato ora che si parla di vaccinazione di massa) meno pericoloso della normale influenza. Fa specie leggere un pediatra considerato autorevole scrivere che dato che esistono dei casi in cui questa patologia ha avuto conseguenze più gravi per i bambini allora bisogna proteggerli tutti; perché è esplicativa di quanto abbiamo considerato accettabile in questi mesi, vale a dire usare casi singoli come teorie generali. Quando si parla di Covid19 diventa di colpo necessario il rischio zero, anzi, l'impatto zero. Se i media rendessero pubblica la mortalità causata dall'influenza fra bambini e adolescenti che accadrebbe allora? Se ogni bambino che a causa di una patologia banale finisse in prima pagina e il dolore individuale dei genitori usato come mazza ferrata sulla coscienza pubblica, come reagiremmo?


Quando comunque le posizioni di Kulldorff e altri scienziati sono diventate pubbliche, in seguito alla pubblicazione della Great Barrington Declaration, sono state accolte con insulti e offese, dal semplice dare loro dei pazzi fino ad accusarli di essere favorevoli a un genocidio (quarta interpolazione: Hey signor Biden, non dovrebbe scusarsi con il governatore del Texas Abbott, che secondo la sua opinione era un uomo di Neanderthal per aver deciso di chiudere con i lockdown e che, invece, ha avuto ragione?).


In realtà, soprattutto negli Stati Uniti, il coraggio di Kulldorff e altri è servito a mostrare che esisteva un'alternativa al lockdown, che le scuole potevano restare aperte, che la vita poteva continuare a essere vissuta. Alcuni grandi Stati americani hanno così riaperto tutto, dando ai difensori del lockdown quel controfattuale che serviva. Però l'apparato mediatico ha reagito ancora con violenza: YouTube ha censurato un video in cui l'autore e altri epidemiologi sostenevano che i bambini non dovessero indossare la mascherina, Facebook ha chiuso la pagina della GDB, Twitter censurato un tweet in cui Kulldorff sosteneva che le persone già infettate e i bambini non andassero vaccinati. Twitter ha anche sospeso il suo account per aver scritto che alcuni anziani si sono infettati proprio perché convinti di essere protetti dalle mascherine.


«La pandemia è stata una grande tragedia. Un mio amico di 79 anni è morto di Covid e pochi mesi dopo sua moglie è morta per via di un cancro che non è stato diagnosticato in tempo per iniziare le cure. Mentre che ci siano morti durante una pandemia è inevitabile, la superficiale ma sbagliata credenza che i lockdown avrebbero protetto i vecchi ha fatto sì che i governi non implementassero molte misure di protezione standard. La durata prolungata della pandemia ha reso più difficile per le persone più anziane proteggersi. Con un approccio incentrato sulle misure di protezione, il mio amico e sua moglie forse oggi sarebbero vive, insieme a innumerevoli persone in tutto il mondo».


Nella chiusa del pezzo, Kulldorff cita quella che è diventata la canzone di opposizione alle misure prese durante questa pandemia: danser encore. Prima o poi la vita riprenderà per tutti (quarta interpolazione: mi interessa sapere come, per molti di questi tutti), ma quando si discute di cos'è e cos'è stata la pandemia da Covid bisogna piantarla con gli argomenti di fede. Il consenso scientifico sulla vicenda non è mai esistito, è esistito invece il consenso mediatico (quinta e ultima interpolazione: ci interessa sapere a tutti perché il consenso mediatico è stato incentrato proprio sulla strategia del lockdown e della vaccinazione indiscriminata). Quindi che stiate da una parte o dall'altra, sappiate che non siete dalla parte della Verità e della Menzogna, ma da una parte politica. Io, tornando alle luterane metafore iniziali, qui sto e da altra parte non posso andare.


Maurizio Cocco

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